Mese: Luglio 2016

Separazione con addebito – Altri casi interessanti.

Tradimento internetCon la sentenza del 14 luglio scorso n. 14414 la Suprema Corte torna a parlare di addebito della separazione.

I fatti. Il marito chiede l’addebito della separazione alla moglie perché ritiene che la stessa abbia iniziato una relazione via internet con un altro uomo. La signora nega, provando invece,  con certificati medici,  una condotta violenta del marito verso di lei.

La Corte d’Appello, e successivamente la Suprema Corte, respingono la richiesta di addebito del marito, ritenendo che il tradimento della moglie sia avvenuto quando già la coppia era in crisi ed era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza tra i due coniugi.

In un altra sentenza, la n. 25337 del 2015, ad una moglie viene invece addebitata la separazione per aver confessato addirittura un “falso” tradimento. In questo caso era accaduto che la moglie per mettere alla prova la gelosia del marito gli aveva confessato di aver avuto una relazione extraconiugale. I giudici hanno ritenuto che tale circostanza avesse minato il rapporto di coniugio tra i due umiliando e gettando il marito nello sconforto, allo stesso modo di un tradimento reale e di conseguenza addebitavano alla moglie la separazione per aver reso intollerabile la convivenza e per essere stata causa della separazione.

In sostanza, occorre verificare caso per caso le circostanze che possono comportare l’addebito. Come abbiamo visto, talvolta anche un finto tradimento può essere causa di addebito se questo è tale da ledere il rapporto di coppia che fino ad allora aveva conservato una propria stabilità.

Mensa scolastica obbligatoria o no?

mensa scolasticaA distanza di un mese dalla chiusura della scuola, la Corte d’Appello di Torino ha emesso una sentenza (n. 1049/2016) che sicuramente farà piacere ai genitori che ogni anno sono alle prese con la mensa scolastica.

E’ accaduto che alcuni genitori avessero chiesto al Giudice di riconoscere il diritto di scegliere per i propri figli tra refezione scolastica e pasto domestico ed il diritto a che venisse consentito ai minori di consumare il pasto domestico all’interno della scuola nei locali adibiti a refezione.
Come è noto, il servizio di mensa scolastica è un servizio locale a domanda individuale che l’ente non ha l’obbligo di istituire ed organizzare e per il quale il privato/utente “avrebbe” facoltà di scegliere se avvalersene oppure no. Il condizionale è d’obbligo, perché di fatto, per come è strutturato il servizio o per esigenze della scuola, l’obbligo per tutti i bambini di accedere alla mensa viene, di fatto, imposto.

Inoltre, il Ministero dell’Istruzione considera la “pausa pranzo” come “tempo scuola” ed un eventuale uscita dei bambini per il pranzo produrrebbe ore di assenza che andrebbero ad incidere sulla frequenza scolastica.

Occorre anche considerare che oramai l’istruzione non è solo “impartire cognizioni”. Oggi l’istruzione ha una visione più ampia nella quale la mensa deve considerarsi momento di educazione e di promozione della salute. Momento che deve coinvolgere gli alunni e gli insegnanti.

Sotto questo aspetto, il permanere nella scuola durante la “pausa pranzo” costituisce un diritto dell’alunno ricompreso nel diritto all’istruzione.

Partendo da tale presupposto, la Corte d’Appello ha ritenuto che, essendoci un diritto all’istruzione e non potendo la refezione scolastica diventare obbligatoria, essendo imprescindibile il consumo di un pasto da parte dei bambini, è tutta evidenza che esso debba avvenire a scuola, ma al di fuori della refezione scolastica.

Ma c’è di più! La Corte d’Appello sottolinea che il riconoscimento di tale diritto non può comportare semplicemente la possibilità di consumare il pasto all’interno della scuola, ma deve presupporre una serie di misure organizzative anche in funzione degli aspetti igienico/sanitari di ciascun istituto.

Quindi, occorre che siano messi a disposizione degli alunni che non vogliano usufruire della mensa scolastica, dei locali appositi in cui gli sia permesso di consumare il pasto domestico.

Non v’è dubbio che ora toccherà alla Suprema Corte di Cassazione porre fine alla querelle, anche se il problema potrebbe essere facilmente risolto sotto un altro aspetto: migliorando il servizio, adeguandolo a prezzi contenuti e forse anche con un pizzico in più di collaborazione dei genitori e degli insegnanti, perché effettivamente il “tempo mensa” sia momento di “educazione e promozione” della salute alimentare dei nostri figli.

Genitori separati e diritto di visita – L’Italia condannata dall’Europa!

Padre e figliaLo scorso mese di giugno, la Corte di Giustizia Europea ha condannato l’Italia per violazione dell’art. 8 della Convenzione dei diritti dell’uomo, per non aver garantito il diritto di visita del padre nei confronti della figlia.

Era accaduto, come purtroppo spesso accade, che i coniugi erano pervenuti ad una “tragica” separazione, dove non erano mancate querele da parte della moglie per maltrattamenti ed anche abusi sessuali del marito sulla figlia. Accuse tutte infondate che avevano portato all’assoluzione del marito che, continuamente, chiedeva al Tribunale che gli venisse riconosciuto il diritto di visita nei confronti della bambina. Malgrado tale diritto gli fosse riconosciuto, negli incontri organizzati dagli assistenti sociali era sempre presente la madre della bambina, ostacolando di fatto l’avvio di una relazione tra padre e figlia. I Consulenti del Tribunale avevano anche evidenziato un rapporto fortissimo tra madre e figlia, un rapporto simbiotico, che portava ad una “manipolazione” della bambina ad opera della madre, con conseguente rifiuto di vedere il padre ed un inizio di “sindrome di alienazione parentale”. Nonostante ciò e nonostante l’affidamento ai servizi sociali, la bambina era rimasta presso la madre, avendo espresso, ella stessa davanti al Giudice, la volontà in tal senso.

La Corte di Giustizia ha ritenuto che lo Stato non può ingerirsi nella vita privata delle persone, ma può  cercare di unire i genitori ed i loro figli anche quando tra questi c’è un conflitto, come capita nelle separazioni. Nel caso che ci occupa, la Corte ha stabilito che in realtà non sono stati adottati i dovuti accorgimenti per permettere al padre il diritto di visita pur riconosciuto in tutte le pronunce del Tribunale. Il fatto poi che siano trascorsi 8 anni senza che la bambina potesse vedere il padre ha comportato l’aggravamento della situazione, facendo aumentare ancora di più il distacco tra padre e figlia. Pertanto lo Stato Italiano è stato condannato perché malgrado il diritto di visita del padre fosse stato riconosciuto dai Giudici, lo Stato non ha di fatto tutelato il diritto alla famiglia del padre.

Cade per una buca e la Cassazione dà ragione al Comune!

Buca stradaleCon la sentenza 12174/2016 la Suprema Corte “spezza più di una lancia” in favore dei Comuni.

Era accaduto che un motociclista cadeva a causa di una buca insistente sul manto stradale. La Cassazione, confermando la sentenza emessa dalla Corte d’Appello, dà ragione al Comune ritenendo che il motociclista, abitando nella zona, sapeva della strada dissestata, quindi avrebbe dovuto usare una maggiore diligenza al fine di evitare i danni poi dallo stesso subiti. Addirittura, afferma la Cassazione, “la concreta possibilità per l’utente danneggiato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza l’anomalia, vale altresì ad escludere la configurabilità dell’insidia e della conseguente responsabilità della P.A. per difetto di manutenzione della strada pubblica”.

Nel pieno rispetto della sentenza in commento, con la quale si concorda sulla prudenza e l’attenzione che si deve avere quando si è alla guida, è pur vero che una maggiore attenzione dei Comuni alle sedi stradali, in molti casi, eviterebbe danni spesso anche gravi e irreparabili!