Rientrati dalle vacanze estive? Periodo troppo breve perché il lavoro non consente di prendere qualche giorno in più? Se la risposta è purtroppo sì, forse dovete sapere che il godimento delle ferie è un diritto riconosciuto al lavoratore per potersi riprendere dallo stress lavorativo, ma che purtroppo è subordinato ad alcune regole che non consentono di far sempre quello che si vuole. E’ il caso, ad esempio, della monetizzazione delle ferie non fruite. E’ sempre possibile? Secondo il giudizio della Corte di Cassazione la risposta è no!
Spesso per ragioni proprie del lavoratore o per esigenze datoriali, il lavoratore non riesce ad usufruire di tutti i giorni previsti dal Contratto Collettivo Nazionale dei Lavoratori (CCNL) e si procede alla relativa monetizzazione. Tale circostanza nel tempo è stata oggetto di abusi e per il riconoscimento del relativo ammontare si è spesso dovuti ricorrere all’intervento del Giudice.
I CASI
Di recente, la Suprema Corte, interessandosi della vicenda, ha chiarito che effettivamente esiste la retribuzione dell’indennità per le ferie non godute. Si tratta di una somma che viene riconosciuta nel momento in cui il lavoratore non usufruisce delle ferie che gli spettano. E’ stato però fissato un principio generale: la monetizzazione non è automatica, ma è esclusa quando il datore di lavoro ”nell’ambito del suo potere di ‘stabilire il tempo di godimento’ offra il proprio adempimento (il godimento delle ferie) fissando adeguatamente questo tempo”.
La Cassazione, con la sentenza n. 15652/2018, ha ritenuto che non sorge alcuna obbligazione a carico del datore di lavoro per retribuire le ferie non godute se, avendo proposto al lavoratore, con congruo anticipo, di andare in ferie, Egli abbia voluto continuare a lavorare. In questo caso, non spetterebbe alcuna indennità per le ferie non godute.
Questa sentenza si è posta sulla stessa linea di una precedente pronuncia, la n. 2496/2018, nella quale si è affermato che l’indennità per le ferie non godute si debba addirittura avere anche nel caso in cui non esista alcuna norma del CCNL che la preveda. La stessa sentenza riporta però che se il datore di lavoro “dimostra di aver offerto un adeguato tempo per il godimento delle ferie, di cui il lavoratore non abbia usufruito” il lavoratore non ha diritto alla corresponsione dell’indennità di ferie non godute.
Se le due precedenti sentenze attenevano ad un rapporto di lavoro privatistico, con la sentenza n. 20091 del 30 luglio scorso, la Corte di Cassazione si è poi occupata di un analogo caso avvenuto nel rapporto di impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni e anche qui ribadisce che: “Il mero fatto del mancato godimento delle ferie non dà titolo ad un corrispondente ristoro economico se l’interessato non prova che esso è stato cagionato da eccezionali e motivate esigenze di servizio o da cause di forza maggiore”.
Nel caso di specie, la Suprema Corte aveva pure indicato che l’elevato numero di giorni di ferie non goduti (246 giorni in dieci anni) escludevano di per sé esigenze di servizio o cause di forza maggiore, che avessero potuto dare adito alla mancata fruizione.
LE CONCLUSIONI
In sostanza, sia nell’ambito di un rapporto privatistico che nell’ambito del pubblico impiego, la Suprema Corte ritiene che le ferie, dovendo reintegrare il lavoratore dallo stress lavorativo, debbano essere usufruite e non possono essere “accantonate” per un ritorno economico, a discapito della propria salute, salvo i casi di oggettiva impossibilità che poi comportano come logica conseguenza la relativa monetizzazione.