Mese: Marzo 2018

Casa coniugale: l’assegnazione non è per sempre!

Uno degli annosi problemi connessi alla separazione è quello attinente all’assegnazione della casa coniugale e della permanenza del diritto di abitazione della stessa al coniuge che pur non avendone la proprietà risulta collocatario dei figli.
Ma tale assegnazione fino a quanto dura?

IL CASO

Nel caso sottoposto alla Suprema Corte, il marito proprietario della casa aveva chiesto la revoca dell’assegnazione dell’immobile alla moglie.
Agli atti risultava che la casa era stata assegnata alla ex-moglie in ragione della convivenza con la madre della figlia non indipendente economicamente. Al momento della decisione della Corte d’Appello, la figlia aveva deciso di inserirsi nel mondo del lavoro e, svolgendo in effetti una pluralità di occupazioni, maturava un’autonoma organizzazione di vita e capacità di mantenimento rispetto ai genitori. Proprio sulla base di tali presupposti la Corte d’Appello emetteva la sentenza di accoglimento, ossia riteneva che non sussistevano più i presupposti per l’assegnazione della casa alla madre a tutela della prole e di conseguenza revocava il provvedimento.

LA DECISIONE

La Corte di Cassazione, con provvedimento n. 1546/2018, interessata della vicenda a seguito dell’impugnazione della sentenza da parte della moglie, ha ritenuto di condividere in pieno quanto stabilito dalla Corte d’Appello ed ha perciò confermato la sentenza di revoca dell’assegnazione della casa coniugale alla madre affidataria dei figli, non sussistendo più “i presupposti per l’assegnazione della casa alla madre a tutela della prole”.

L’assegnazione della casa coniugale non è per sempre!

Avv. Gabriella CAMPA

Amministratore di sostegno anche per chi gioca troppo!

Il vizio del gioco si è oramai diffuso in tutte le fasce di età, e si sente sempre più spesso che è la causa della dilapidazione di interi patrimoni.
Con una recente sentenza del 7 marzo scorso, la Suprema Corte è intervenuta, ritenendo legittima la nomina di un amministratore di sostegno nei confronti di chi accumula importanti debiti al gioco.

IL FATTO

Una signora aveva contratto un debito di oltre 34.000 euro nei confronti di un bar. La metà della somma era dovuta a gratta&vinci non pagati, aveva contratto debiti nei confronti della figlia per altri 40.000 euro, e aveva altri debiti condominiali. La signora aveva anche proceduto a cedere un quinto della pensione che si aggirava intorno ai 1.600 euro.
In giudizio era stata provata la prodigalità della signora nello spendere e la figlia aveva chiesto ed ottenuto la nomina di un amministratore di sostegno.
La signora impugnava innanzi alla Cassazione il provvedimento.
La Suprema Corte interessata dalla vicenda confermava la sentenza impugnata.

LA DECISIONE

Ed infatti, la Cassazione con sentenza n. 5492/2018 ha ritenuto che l’Amministratore di sostegno non debba per forza essere nominato soltanto per fatti derivanti da malattia o infermità. Anche la prodigalità, intesa come comportamento abituale che si manifesta nella “larghezza nello spendere, nel regalare o nel rischiare eccessivamente rispetto alle proprie condizioni socio-economiche e al valore oggettivamente attribuibile al denaro” ai sensi dell’art. 415 c.c., quando si traduca in atteggiamenti lucidi, espressione di libera scelta di vita, purché sia ricollegabile a motivi futili, configura un’autonoma causa di inabilitazione.
Seguendo un orientamento consolidato, la Suprema Corte ha infatti previsto che: “può adottarsi la misura di protezione dell’amministrazione di sostegno, nell’interesse del beneficiario (interesse reale e concreto, inerente la persona e/o il suo patrimonio), anche in presenza dei presupposti di interdizione o di inabilitazione e dunque anche quando ricorra una condizione di prodigalità, come nel caso in esame“.

Con questa sentenza, non vengono posti limiti alla libertà di ciascuno di spendere i propri soldi, ma precisando che la prodigalità si ha quando le cifre spese per futili motivi sono molto superiori alle proprie possibilità economiche, si ritiene che sia giusto porre dei limiti chiedendo al giudice la nomina dell’Amministratore di sostegno che possa così impedire lo sperpero inutile di denaro.

Avv. Gabriella CAMPA