Mese: Ottobre 2017

Assegno di mantenimento: si estingue con la morte del coniuge?

assegno di mantenimento

In materia di diritto di famiglia, una delle domande che i clienti mi rivolgono più spesso è: “l’assegno di mantenimento si estingue con la morte del coniuge obbligato?
Per rispondere occorre distinguere i casi di separazione da quelli di divorzio.

Nei casi di separazione senza addebito, il Codice Civile prevede che il coniuge separato  abbia gli stessi diritti del coniuge non separato. Pertanto ne diventa erede o successore legittimo.

Nei casi di separazione con addebito, il coniuge separato ha diritto ad un assegno vitalizio se al momento dell’apertura della successione il coniuge deceduto gli corrispondeva gli alimenti.

Nei casi invece in cui sia intervenuta una sentenza di divorzio, essendo sciolto il matrimonio, il coniuge divorziato non può essere erede o successore legittimo del coniuge defunto. Tuttavia, se questi godeva già di un assegno divorzile, il Tribunale può riconoscergli un assegno periodico a carico dell’eredità. Generalmente ciò si verifica quando il coniuge versa in stato di bisogno. Tale assegno è quantificato dal Giudice considerando l’importo dell’assegno divorzile, dell’entità del bisogno, dell’eventuale presenza della pensione di reversibilità, della consistenza delle sostanze ereditarie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche.

L’ex coniuge superstite e gli eredi possono concordare che la corresponsione dell’assegno avvenga in unica soluzione.

Il diritto all’assegno si estingue se il beneficiario passa a nuove nozze o viene meno il suo stato di bisogno. Qualora, per qualsiasi motivo, il beneficiario dopo l’estinzione venga a trovarsi nuovamente in stato di bisogno, l’assegno può essere nuovamente attribuito.

Avv. Gabriella CAMPA

Step Child Adoption – Donna adotta figlia della compagna

Il Tribunale per i Minorenni di Bologna, con sentenza n. 116/2017, ha riconosciuto ad una donna la possibilità di adottare la figlia naturale della compagna, alla quale era unita civilmente già da tempo. Si tratta di uno dei primi casi di riconoscimento della cosiddetta step child adoption (adozione del figliastro).

IL FATTO

Le due donne avevano già da tempo una stabile relazione, ufficializzata a seguito di un’unione civile. Consolidato il loro legame, decidono di allargare la famiglia e si rivolgono ad un centro medico per “iniziare un cammino verso la genitorialità“.

Nata la bambina, figlia naturale di una delle due, la compagna chiede di poter ottenere l’adozione della piccola.

LA DECISIONE DEL TRIBUNALE

Il Tribunale ha valutato le circostanze del caso ed in particolare la relazione dei servizi sociali che sottolineano il “rapporto solido e materno tra la signora e la bambina” ed evidenziano, inoltre, che quella creata dalle due donne è “una famiglia dai solidi legami affettivi, organizzata rispetto ai ruoli e funzioni, in cui la coppia genitoriale è molto competente, sia sul piano materiale che su quello affettivo“.

Il Tribunale di Bologna, seguendo l’orientamento giurisprudenziale ad oggi maggioritario, confermato anche dalla Suprema Corte con la sentenza n. 12962/2016, oltre ad una concreta valutazione positiva del caso portato alla sua attenzione, ha dichiarato l’adozione della minore da parte della compagna della madre. Il Tribunale ha poi ribadito che, a seguito dell’entrata in vigore della Legge n. 76/2016, l’unione tra due persone dello stesso sesso ha comportato il riconoscimento di una vera e propria “famiglia” e come tale l’adozione in questione ha un maggiore fondamento giuridicamente tutelato.

Sulla base di tali presupposti il Tribunale ha acconsentito all’adozione della bimba.

I CASI PRECEDENTI

Si tratta certamente di uno dei primi casi di “step child adoption“. In Italia il fatto non è però isolato. Gia il Tribunale di Roma e la Corte d’Appello della Capitale, in passato hanno risolto situazioni simili autorizzando l’adozione del minore da parte della compagna della madre sostenendo che “nell’ipotesi di un minore concepito o cresciuto nell’ambito di una coppia dello stesso sesso, sussiste il diritto ad essere adottato dalla madre non biologica, secondo le disposizioni sull’adozione in casi particolari ex art. 44 lett. D della Legge n. 184/1983 ed a prendere il doppio cognome, sussistendo, in ragione del rapporto genitoriale di fatto instauratosi fra il genitore sociale ed il minore, l’interesse concreto del minore al suo riconoscimento“.

Avv. Gabriella CAMPA