Mese: Maggio 2017

Quando il papà sposa la sua giovane badante…!

interdizione

Interessante sentenza della Corte di Cassazione (n. 11536/2017) sulla differenza tra “amministrazione di sostegno” e “interdizione”.

Era accaduto che una persona ultra ottantenne, invalido di guerra e con un’inabilità del 100% cui era stato nominato un amministratore di sostegno, avesse sposato all’insaputa dei figli la giovane badante, la quale in poco tempo aveva dilapidato tutto il patrimonio, prendendosi tutti i beni con finte compravendite. Dopo aver scoperto il matrimonio, i figli hanno chiesto al Giudice di dichiararlo nullo, essendo il loro padre incapace di intendere e volere. La Corte d’Appello dava loro ragione ed, equiparando l’amministrazione di sostegno all’interdizione, dichiarava nullo il matrimonio. La sentenza veniva però impugnata in Cassazione.

La Suprema Corte è stata di contrario avviso!

Ed infatti, l’amministrazione di sostegno e l’interdizione sono due istituti totalmente diversi. Con il primo si cerca di tutelare la capacità di agire del soggetto che ha bisogno di un “sostegno” per poter compiere determinati atti; nel secondo invece detta capacità non esiste. “L’amministrazione di sostegno ha la finalità di offrire a chi si trovi nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire”. Pertanto non essendo vietato a chi è soggetto all’amministrazione di sostegno di contrarre matrimonio, come invece è per l’interdetto, lo stesso deve essere considerato valido. Nel caso in questione, pertanto, i figli non avrebbero potuto chiedere l’annullamento del matrimonio del loro padre.

Il divieto di contrarre matrimonio riguarda solo l’interdetto e non chi è soggetto all’amministratore di sostegno.

Capita poi che anche in sede di nomina dell’amministratore di sostegno sia possibile che il Giudice Tutelare stabilisca, nell’interesse dell’amministrato, il divieto per lui di sposarsi. Nel caso in cui poi l’amministrato proceda ugualmente a contrarre il matrimonio, sarebbe possibile chiedere  l’annullamento solo se si dimostra l’interesse dello stesso amministrato all’annullamento del vincolo matrimoniale. Richiesta di annullamento che, in questo caso,  può essere fatta anche dallo stesso amministratore.

Avv. Gabriella CAMPA

Novità: l’assegno di mantenimento non si determina più in base al tenore di vita!

assegno di mantenimentoNella scorsa settimana ne hanno parlato un po’ tutti. Una importante novità nell’ambito del diritto di famiglia per tutte le coppie divorziate.  Con la sentenza n. 11504/2017 la Corte di Cassazione cambia orientamento sull’assegno di mantenimento.

Ed infatti, come a molti noto, finora è stato stabilito che l’ex coniuge, cui viene riconosciuto l’assegno di mantenimento, deve conservare lo stesso tenore di vita che ha avuto durante il matrimonio. Ma ora la Cassazione pone un freno e stabilisce che, al fine di accertare l’esistenza o meno del diritto ad un assegno di mantenimento, occorra valutare l’indipendenza economica del coniuge.

La Suprema Corte precisa che l’assegno di divorzio è dovuto nel dovere di “solidarietà economica” di ciascun coniuge nei confronti del coniuge economicamente più debole e, di conseguenza, è dovuto se l’ex coniuge non ha i mezzi adeguati o non può procurarseli; diversamente si arriverebbe ad un arricchimento illegittimo fondato su un vincolo matrimoniale che non esiste più. Questo obbligo peraltro non avrebbe mai una fine, essendo spesso anche di ostacolo alla creazione di un nuovo nucleo familiare.

La Cassazione afferma, difatti, che due sono le condizioni da tenere in considerazione:

1) se l’ex coniuge richiedente l’assegno possiede «mezzi adeguati» o è effettivamente in grado di procurarseli, il diritto deve essergli negato tout court;

2) se, invece, lo stesso dimostra di non possedere «mezzi adeguati» e prova anche che «non può procurarseli per ragioni oggettive», il diritto deve essergli riconosciuto.

Con la sentenza di divorzio il matrimonio si scioglie sia sul piano personale che su quello economico-patrimoniale, quindi non ci può essere un diritto dell’ex coniuge a conservare lo stesso tenore di vita che aveva durante il matrimonio. L’assegno di divorzio ha funzione solo assistenziale, deve essere riconosciuto solo se l’ex coniuge non ha i mezzi adeguati o se non se li può procurare. Sicché, stabilisce la Corte, in sede di divorzio occorre considerare non il tenore di vita, ma l’ “indipendenza economica” del richiedente: se è accertato che quest’ultimo è “economicamente indipendente”, o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto alcun assegno.

Per poter poi verificare l’indipendenza economica, la Cassazione individua degli indici di riferimento:

1) il possesso di redditi di qualsiasi specie;

2) il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu “imposti” e del costo della vita nel luogo di residenza («dimora abituale»: art. 43, secondo comma, cod. civ.) della persona che richiede l’assegno;

3) le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo;

4) la stabile disponibilità di una casa di abitazione.

Una sentenza storica dunque, che comporterà sicuramente la modifica di numerose sentenze di divorzio già emesse.

Avv. Gabriella CAMPA

I messaggi SMS dell’amante giustificano l’addebito della separazione, ma…

SMSI messaggi SMS dell’amante giustificano l’addebito della separazione. E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 5510/2017.

Era accaduto infatti che la moglie, dopo aver trovato sul telefono cellulare del marito degli SMS dell’amante, avesse chiesto la separazione con addebito al marito. Il coniuge si difendeva  in giudizio contestando che i messaggi non avevano determinato alcuna crisi, poiché risalivano a quando il loro rapporto era già in crisi.

I giudici, tuttavia, non hanno creduto a tale tesi, considerando che in giudizio era stato dimostrato che la crisi tra i due coniugi era stata superata da tempo con una riappacificazione avvenuta nel 2002, mentre la scoperta dei messaggi era stata successiva e scatenante la fine del rapporto coniugale. Per i giudici, pertanto, la separazione doveva essere posta a carico del marito infedele.

Ma attenzione!!! Questa sentenza è particolare!!! Occorre evidenziare che leggere di nascosto gli SMS del coniuge può integrare il reato di accesso abusivo a un sistema informatico o telematico. Non sono mancati casi di condanna del coniuge che abbia aperto, senza alcun consenso, le chat di Facebook o Whatsapp dell’altro per leggerne il contenuto. Ed in altri casi ancora, addirittura, il coniuge è stato condannato per il reato più grave di rapina per aver sottratto all’altro il cellulare, usando la violenza, sempre al fine di leggere SMS provanti relazioni extraconiugali.

Con la sentenza n. 24297/2016, ad esempio, la Cassazione ha ritenuto sussistente il reato di rapina ribadendo che “l’instaurazione di una relazione sentimentale fra due persone appartiene alla sfera della libertà e rientra nel diritto inviolabile all’autodeterminazione fondato sull’art. 2 della Costituzione… La libertà di autodeterminazione nella sfera sessuale comporta la libertà di intraprendere relazioni sentimentali e di porvi termine…” pertanto “ ‘perquisire’ il telefono della ex fidanzata alla ricerca di messaggi, dal suo punto di vista, compromettenti, rappresenta il profitto conseguito e assume i caratteri dell’ingiustizia manifesta; violando il diritto alla riservatezza, tende a comprimere la libertà di autodeterminazione della donna“.

Avv. Gabriella CAMPA