Mese: Gennaio 2017

E se il coniuge non versa l’assegno di mantenimento dovuto? Ecco una novità!

Spesso accade che l’ex coniuge non ottemperi all’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento dovuto ai figli o all’altro coniuge. Tale circostanza comporta la richiesta di un giudizio di esecuzione per il recupero delle somme. Procedura particolarmente difficoltosa nei casi in cui il coniuge obbligato al pagamento non è proprietario di alcun bene e non ha un lavoro dipendente.

Considerando la frequenza con cui tutto ciò accade, il 15 dicembre 2016 è stato emesso il Decreto del Ministero della Giustizia per l’individuazione dei tribunali presso i quali avviare la sperimentazione del Fondo di Solidarietà a tutela del coniuge in stato di bisogno. Il Decreto indica le modalità per la corresponsione delle somme e la riassegnazione al Fondo delle somme recuperate dal coniuge inadempiente.

In sostanza a questo fondo può attingere il coniuge separato in stato di bisogno con il quale convivono figli minori o figli maggiorenni portatori di handicap grave che non abbia ricevuto l’assegno periodico a titolo di mantenimento per inadempienza del coniuge che vi era tenuto. L’istanza deve indicare, tra l’altro:

– la misura dell’inadempimento del coniuge tenuto a versare l’assegno di mantenimento, con la specificazione che lo stesso è maturato in epoca successiva all’entrata in vigore della legge;

– se il coniuge inadempiente percepisca redditi da lavoro dipendente e, nel caso affermativo, l’indicazione che il datore di lavoro si è reso inadempiente all’obbligo di versamento diretto a favore del richiedente a norma dell’art. 156, sesto comma, del codice civile;

– il valore dell’indicatore ISEE o dell’ISEE corrente in corso di validità è inferiore o uguale a euro 3.000.

All’istanza deve essere allegata, a pena di inammissibilità,:

– copia del documento di identità del richiedente;

– copia autentica del verbale di pignoramento mobiliare negativo, ovvero copia della dichiarazione negativa del terzo pignorato relativamente alle procedure esecutive promosse nei confronti del coniuge inadempiente;

visura rilasciata dalla conservatoria dei registri immobiliari delle province di nascita e residenza del coniuge inadempiente da cui risulti l’impossidenza di beni immobili;

– l’originale del titolo che fonda il diritto all’assegno di mantenimento, ovvero di copia del titolo munita di formula esecutiva rilasciata a norma dell’art. 476, primo comma, del codice di procedura civile.

Qualora la domanda venga accolta, viene disposta la liquidazione della somma, che avverrà trimestralmente in maniera proporzionale tra tutti gli aventi diritto, entro il limite di disponibilità del Fondo pari attualmente a 750.000 euro.

Entro 30 giorni, poi, il Fondo stesso procede al recupero delle somme nei confronti del coniuge inadempiente.

 

L’assegno di mantenimento è dovuto anche nei matrimoni brevi!

L’anno è appena iniziato, ma già dalla Suprema Corte è arrivata una sentenza che sicuramente farà discutere. E’ infatti accaduto che il coniuge si sia visto respingere dalla Corte d’Appello la richiesta di mantenimento. Ciò a causa della durata breve del matrimonio. La Corte infatti, aveva escluso il diritto del ricorrente all’assegno divorzile, fondando esclusivamente la propria argomentazione sulla durata del matrimonio (poco più di due anni dalla celebrazione alla separazione di fatto, con l’uscita dalla casa coniugale della moglie), avendo richiamato alcune recenti sentenza della Suprema Corte, nelle quali, per l’appunto, l’assegno di mantenimento era stato negato per la brevità della durata del matrimonio.

Proposto ricorso in Cassazione, il Supremo Collegio è stato però di contrario avviso, riconoscendo al ricorrente il diritto al mantenimento. Nella sua decisione, la Cassazione ha stabilito che le sentenze sulle quali si era basata la Corte d’Appello erano casi eccezionali di divorzio brevissimo (pochi giorni o pochi mesi di convivenza), ma che la durata del matrimonio è rilevante solo per la quantificazione dell’assegno, non per il suo riconoscimento. La Corte ha perciò affermato che: “presupposto per il riconoscimento dell’assegno di divorzio è che il richiedente non abbia redditi adeguati e non sia in grado di procurarseli per ragioni oggettive. Non vi è dubbio che il criterio relativo alla durata del matrimonio attenga al momento successivo della quantificazione“. Di conseguenza, anche se il matrimonio è stato di breve durata, l’assegno di mantenimento, qualora ricorrano i presupposti, deve essere sempre riconosciuto.

 

L’alcol può far molto male anche al matrimonio!

Con sentenza del 22 dicembre scorso, n. 26883/2016, la Corte di Cassazione si è pronunciata sull’addebito della separazione al coniuge alcolizzato.
La vicenda era giunta in Cassazione dopo due opposte pronunce del Tribunale e della Corte d’Appello. Il Tribunale, infatti, aveva ritenuto che l’addebito doveva essere riconosciuto se la rottura del rapporto era immediata allo stato di alcolizzato. Il Tribunale, pertanto, rigettava la domanda di addebito poiché lo stato di alcolista era di molti anni precedenti rispetto alla richiesta di separazione. La sentenza veniva impugnata innanzi alla Corte d’Appello che invece era di contrario avviso, ritenendo che “il fatto che la moglie, nonostante l’abuso di sostanze alcooliche da parte del marito, abbia atteso un considerevole lasso di tempo prima di presentare domanda di separazione, non può privare tale patologia della sua valenza devastante sui rapporti coniugali”. Tale sentenza veniva, da ultimo, impugnata innanzi alla Corte di Cassazione la quale, ritenendo che la dipendenza dall’alcol rappresenti una violazione dei doveri coniugali, disponeva che la separazione dovesse essere addebitata al coniuge alcolizzato. Afferma, infatti, la Suprema Corte: “La violazione dei doveri coniugali consiste proprio nell’aver privilegiato la propria dipendenza dall’alcolismo rispetto alla relazione coniugale e ciò…., non può non essere valutata nello stesso tempo come causa del logoramento e della rottura del rapporto coniugale, cui la coniuge ha tentato per parecchio tempo di resistere e di opporsi”. La Corte ha specificato che il comportamento del coniuge alcolizzato è stato contrario ai doveri coniugali di assistenza morale e materiale e di collaborazione nell’interesse della famiglia, sottolineando anche “l’impatto fortemente negativo di tale comportamento sull’affectio coniugalis, tale da ricondurre a una crisi irreversibile del matrimonio”.