Tra figlio e nuova compagna non si deve scegliere!

Bimbo triste

Il Tribunale di Milano, con una recente sentenza, ha analizzato il problema relativo al diritto di visita del figlio del coniuge separato in presenza della nuova compagna, ossia, se durante la visita il genitore a cui non era stato affidato il figlio potesse o meno coinvolgere la nuova compagna con la quale, già da alcuni anni, aveva intrapreso una convivenza di fatto.

Era accaduto che i coniugi avessero raggiunto un accordo sull’ampliamento del diritto di visita del genitore non affidatario e che quest’ultimo chiedesse al Giudice di poter coinvolgere anche la nuova compagna, con la quale aveva una stabile relazione di convivenza, dovendo il bambino pernottare presso di lui a fine-settimana alterni. La ex moglie, pur concordando l’ampliamento del diritto di visita, si era opposta ad un rapporto del figlio con la nuova compagna del padre.

Il Tribunale ha ritenuto che, pur essendo indispensabile tutelare il minore ed il suo equilibrio, le motivazioni addotte dalla madre del bambino per poter tenere lontana la compagna del padre ed evitare qualunque rapporto tra bambino e nuova compagna, fossero prive di fondatezza.

Il Giudice ha inoltre evidenziato che, vietando un rapporto tra il bambino e la nuova compagna, si sarebbe arrivati o ad impedire al padre di far pernottare il bambino presso di lui oppure ad allontanare da casa la compagna, che comunque non può essere considerata “un’ospite” sussistendo una convivenza stabile. In sostanza, si sarebbe dovuto mettere il padre davanti ad una scelta: compagna-figlio. Una scelta che sarebbe stata giustificata solo nel caso in cui si fosse dovuto tutelare il minore da problemi derivanti dal rapporto con la compagna del padre.

Secondo la relazione dei servizi sociali, nel caso sottoposto all’attenzione del Tribunale, il bambino aveva superato le difficoltà della separazione dei genitori, avvenuta quattro anni prima, e non aveva mai dimostrato che la figura della compagna del padre potesse creargli uno stato di sofferenza o potesse ledere i suoi interessi. Pertanto, veniva stabilito: “In assenza di pregiudizio per il minore e adottando le opportune cautele, il genitore ha diritto a coinvolgere il proprio figlio nella sua nuova relazione sentimentale, trattandosi di una formazione sociale a rilevanza costituzionale; ciò, a maggior ragione, dove il periodo di riferimento non sia quello immediatamente successivo alla separazione (e più delicato) ma, addirittura, quello divorzile a distanza di 9 anni dalla rottura della convivenza madre – padre”.

Fermo restando il principale interesse del minore, il Tribunale ha altresì evidenziato l’importanza del periodo in cui il minore può cominciare ad intraprendere un rapporto con il nuovo partner del genitore. Non dunque, a ridosso della separazione, ma a distanza dalla stessa, quando oramai il minore ha superato i disagi, il trauma, la sofferenza, ed è riuscito a “metabolizzare” la separazione tra papà e mamma. E non solo, a rilevare è anche la modalità con cui si cerca di costruire un rapporto tra figlio e compagna. Il Tribunale citando la migliore letteratura psicologica sul punto afferma: “Si ritiene che il graduale inserimento dei nuovi compagni, nella vita dei figli di genitori separati, corrisponda al loro benessere, dove madre e padre abbiano cura e premura di far comprendere alla prole che le nuove figure non si sostituiscono a quelle genitoriali”.

Benessere non solo dei bambini dunque, ma anche e soprattutto dei genitori che non vedranno come antagonista il partner dell’ex coniuge, nel pieno rispetto dei ruoli di ciascuno, anche al fine di una maggiore serenità ed armonia familiare.

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