Lo scorso mese di giugno, la Corte di Giustizia Europea ha condannato l’Italia per violazione dell’art. 8 della Convenzione dei diritti dell’uomo, per non aver garantito il diritto di visita del padre nei confronti della figlia.
Era accaduto, come purtroppo spesso accade, che i coniugi erano pervenuti ad una “tragica” separazione, dove non erano mancate querele da parte della moglie per maltrattamenti ed anche abusi sessuali del marito sulla figlia. Accuse tutte infondate che avevano portato all’assoluzione del marito che, continuamente, chiedeva al Tribunale che gli venisse riconosciuto il diritto di visita nei confronti della bambina. Malgrado tale diritto gli fosse riconosciuto, negli incontri organizzati dagli assistenti sociali era sempre presente la madre della bambina, ostacolando di fatto l’avvio di una relazione tra padre e figlia. I Consulenti del Tribunale avevano anche evidenziato un rapporto fortissimo tra madre e figlia, un rapporto simbiotico, che portava ad una “manipolazione” della bambina ad opera della madre, con conseguente rifiuto di vedere il padre ed un inizio di “sindrome di alienazione parentale”. Nonostante ciò e nonostante l’affidamento ai servizi sociali, la bambina era rimasta presso la madre, avendo espresso, ella stessa davanti al Giudice, la volontà in tal senso.
La Corte di Giustizia ha ritenuto che lo Stato non può ingerirsi nella vita privata delle persone, ma può cercare di unire i genitori ed i loro figli anche quando tra questi c’è un conflitto, come capita nelle separazioni. Nel caso che ci occupa, la Corte ha stabilito che in realtà non sono stati adottati i dovuti accorgimenti per permettere al padre il diritto di visita pur riconosciuto in tutte le pronunce del Tribunale. Il fatto poi che siano trascorsi 8 anni senza che la bambina potesse vedere il padre ha comportato l’aggravamento della situazione, facendo aumentare ancora di più il distacco tra padre e figlia. Pertanto lo Stato Italiano è stato condannato perché malgrado il diritto di visita del padre fosse stato riconosciuto dai Giudici, lo Stato non ha di fatto tutelato il diritto alla famiglia del padre.