Il 5 giugno è entrata in vigore la Legge 76/2016, più nota come Legge Cirinnà, che legalizza le unioni tra persone dello stesso sesso e regolamenta le unioni di fatto.
La legge prevede che due persone dello stesso sesso possano costituire un’unione civile con una dichiarazione davanti all’ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni. Possono scegliere un cognome tra i loro, da aggiungere al proprio per la durata dell’unione. Come nel matrimonio, dall’unione civile deriva l’obbligo di assistenza morale e materiale e di coabitazione e ciascuno deve contribuire ai bisogni comuni, in relazione ai propri beni ed alle capacità professionali o casalinghe.
Diversamente da quanto previsto dal matrimonio, in queste unioni non è previsto l’obbligo di fedeltà.
Il regime patrimoniale dell’unione civile, se non è deciso diversamente, è quello della comunione dei beni. Alle unioni si applica anche il regime della successione e dell’assegno di mantenimento nel caso di scioglimento.
Lo scioglimento dell’unione civile avviene con la dichiarazione di tale volontà davanti all’ufficiale di stato civile.
Per quanto riguarda invece le convivenze di fatto, ossia tra persone di sesso diverso, ma non unite dal vincolo del matrimonio, la legge prevede alcune disposizioni, valide solo ed esclusivamente tra persone che abbiano uguale residenza. In sostanza possono definirsi conviventi di fatto, secondo la legge, solo i conviventi che abbiano uguale residenza.
Come per le unioni civili non è previsto l’obbligo di fedeltà. In caso di ricovero o malattia hanno diritto all’assistenza ed all’accesso alla documentazione medica del partner ed in caso di morte dovuta a fatto illecito del terzo (per esempio in caso di incidente stradale), il convivente ha diritto al risarcimento come il coniuge superstite.